DIZIONARI LETTERARI

 

"Dizionario letterario delle opere  dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature",  Bompiani, 1947

 

MIMI SICILIANI - Bozzetti e schizzi di Francesco Lanza (1897-1933), pubblicati nel 1928. Lo scrittore, in una forma popolaresca ma intimamente raffinata, al modo dei Mimiambi di Eroda, mostra alcuni tipi della sua terra, e con mosse argute e bizzarre ne traccia la vita come di esseri universali. Tutte le regioni dell'isola nei loro costumi sono rappresentate secondo atteggiamenti di una tradizione, che passa da una saggezza proverbiale a una grossolanità da epigramma satirico. La novella più caratteristica e viva è quella del Brontese che sta per maritare la figlia "lunga e dritta come una pala di forno". Il giorno delle nozze, arrivata alla chiesa, la sposa non può passare per la porta troppo bassa. Il padre già si dispera e la gente sta "chi per buttare giù il cornicione, chi per sbassare lo scalino" e addirittura chi per tagliare la testa alla ragazza onde "rappiccicargliela dentro", allorchè un Adernese, per promessa di lauto guadagno, trova pronto rimedio alla strana situazione. Con una manata sul collo della sposa le fa abbassare la testa, cosicchè ella entra finalmente in chiesa con tutto il corteo.

Accanto a racconti vivacissimi nello svolgimento della trama il Lanza tratteggia schizzi di gustoso sapore popolaresco, come questo: "Il calabrese, gli rubarono ciò che non aveva, e afferrato uno schioppo inseguiva il malcapitato: e gli andava gridando dietro: - O tu, se tu corri ti sparo, se ti fermi t'accoltello, se ti butti nel pozzo ti perdono". O quest'altro estroso quadretto: "Andandosene a Piazza un tale incontro il piazzese. - O voi - gli fece - siete cristiano? - E quello: - 'Gnornò: piazzese". I Mimi siciliani testimoniano perciò nella tradizione popolaresca un interesse artistico che ben caratterizza, in una forma paradossale, costumi e atteggiamenti siciliani. (Carlo Cordiè)

 

 

"Dizionario Universale della Letteratura Contemporanea", Mondadori 1961

 

LANZA Francesco (1897-1933). Poeta, narratore e drammaturgo italiano, nato e morto a Valguarnera (Enna). Sebbene legato a una tradizione tutta siciliana, si rivelò sensibile ai fermenti che agitavano la vita letteraria negli anni della "Ronda". Nel dicembre del 1927 fondò e diresse a Roma la rivista "Il Lunario Siciliano", in collaborazione con il conterraneo Savarese. Lanza si richiama con evidenza agli esempi dei rondisti, soprattutto Baldini; ma è scrittore vivamente originale, purista e popolaresco, lirico e didascalico a un tempo.

Tutta la sua produzione letteraria, dalle poesie giovanili del 1923 agli ultimi scritti, fatta eccezione per i lavori teatrali, è raccolta nel volume postumo Mimi e altre cose, 1946.

La parte più valida dell'opera di Lanza è quella dedicata e ispirata ai mimi siciliani; egli rammenta qui il Capuana e il Pitrè, ma su un piano tutto moderno d'evocazione poetica.

 

 

“Dizionario della letteratura contemporanea”, Vallecchi, 1973

 

Lanza Francesco

Nato a Valguarnera, presso Enna, nel 1897, morto ivi nel 1933; narratore, poeta e autore di tea­tro. Fino dal tempo del suo esor­dio letterario si dichiarò assai sen­sibile agli influssi delle teorie so­stenute dalla rivista « La Ronda ». Insieme a N. Savarese fondò e diresse il periodico « Lunario si­ciliano », sulle colonne del quale L. sostenne la sua battaglia in fa­vore di una prosa classica e chia­ra, appunto secondo i dettami del­la rivista romana. A queste esigen­ze stilistiche si conformò anche l'attività creativa del L., dalle gio­vanili poesie contenute nel volu­me Almanacco per il popolo sici­liano (1924), ove per qualche ver­so si rifà a studiosi del folklore quali il Capuana e il Pitré, fino alle più tarde opere di teatro.

 

Opere principali: Narrativa: Mimi siciliani, Milano, Alpes, 1928; Storie e terre di Si­cilia e altri scritti inediti o rari, a cura di N. Basile, Caltanissetta, Sciascia, 1953.

Poesia: Almanacco per il popolo siciliano, Roma, 1924; Poesie di gioventù, ivi, Berlutti, 1926. Teatro: Corpus domini, in « Gal­leria », 5, 1924; Fiordispina, Mi­lano, Alpes, 1928.

 

Bibliografia essenziale: L. Russo, in I narratori, Milano-Messina, Principato, 1951; G. Santangelo, in Lineamenti di storia della letteratura in Sicilia dal se­colo XIII ai nostri giorni, Paler­mo, Palumbo, 1952; C. Bo, in « La Fiera letteraria », 7 feb. 1954.

 

 

 

"Dizionario della Letteratura Mondiale del ' 900", ed. Paoline 1980

 

LANZA Francesco, scrittore italiano, nato il 5.7.1897 a Valguarnera (Enna), morto il 6.1.1933 ivi.

Scrittore spesso dimenticato, forse anche perché la breve vita non gli diede modo di mostrare per intero la sua fisionomia. Si cimentò in generi diversi, dalla prosa al teatro, dalla narrativa al saggio, recando sempre una nota personale e non di rado attingendo la pienezza artistica. Volto a un'osservazione acuta della realtà, ne ricavò gli elementi essenziali per certi suoi bozzetti che volle titolare, alla maniera classica, mimi: quadri singolari di figure, personaggi e motivi della sua terra, definiti con un "umorismo azzardato e denso" come egli stesso ebbe a dire. Questi squarci si aprono sullo scenario del mondo e dell'esistenza e propongono pochi temi, quasi sempre gli stessi, ripetuti con insistente fedeltà, incentrata sopra un gusto tutto greco della "terrestrità",  della vita goduta con schietto abbandono, temperato peraltro da una saggezza atavica e da una distaccata ironia. In questi termini lo scrittore vede l'immutabilità del destino umano. E in virtù di questo sentimento naturale, di questa carica emotiva che sottende i Mimi siciliani e i Mimi arabi - pubblicati dal 1923 in poi su vari giornali e riviste e raccolti in volume postumo insieme con gli altri testi più significativi dell'autore - riesce agevole intendere il segreto di Lanza, anche se spesso la sua invenzione è audace e il racconto non esente da battute salaci e sboccate: il segreto, quindi delle cose semplici, dei personaggi elementari, del fascino dell'arguzia, cioè della saggezza divenuta amore della vita.

Su questa linea si può intendere il passaggio verso il lirismo contenuto e di natura georgica che soffonde le pagine dell'Almanacco per il popolo siciliano (1924), destinato in origine, nel disegno dell'ideatore, il pedagogista Giuseppe Lombardo-Radice, a una funzione pratica per la lotta contro l'analfabetismo, ma realizzato in modi che vanno molto al di là di quelli richiesti per un testo didattico. Il giro del sole, il trascorrere del tempo segna il battito stesso della creazione; e lo scrittore indugia con le sue notazioni a cogliere il senso di ogni cosa, che è poi la maniera per sentire "religiosamente" gli aspetti del mondo, in una visione che denota simpatia verso i contadini e la loro umile fatica e che meglio si può intendere se si consideri l'approdo finale dell'autore, dopo contrastanti esperienze, alla fede cattolica.

Riccardo Sgroi